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da Fuori Binario n. 229, maggio 2021

Piazza Adua a Firenze, il rione Cirenaica a Bologna, il quartiere africano a Roma, l’Asmarina a Milano, ma anche centinaia di strade in tutta Italia, dedicate a Tripoli, Dogali, Mogadiscio, così come lapidi e monumenti intitolati ai Caduti in Africa o alle Inique Sanzioni (quelle imposte all’Italia dalla Società delle Nazioni nel 1935 in seguito all’invasione dell’Etiopia). Insomma tracce del nostro passato coloniale sparse nella toponomastica delle nostre città, ma per lo più dimenticate o nascoste, così come la storia stessa dell’occupazione italiana dei territori dell’Eritrea, della Somalia, della Libia e dell’Etiopia, sottomessi prima ai governi liberali e poi al regime fascista tra il 1885 e il 1941. Una storia che è tutt’oggi liquidata in poche righe nei manuali scolastici e spesso riassunta nell’immagine degli “italiani brava gente”, ovvero colonizzatori benefattori e benvoluti dalle popolazioni locali.

Per contrastare questo mito largamente infondato e risvegliare l’attenzione sulle responsabilità del nostro Paese, recentemente alcuni attivisti hanno rivolto l’attenzione ai segni e simboli, presenti nello spazio urbano, del nostro passato coloniale. In varie città, anche sulla scia del movimento Black lives matter, si sono svolte manifestazioni di contestazione o trasformazione creativa di statue, lapidi, targhe stradali: flash mob, cartelloni, trekking tematici. Sulla rivista “Internazionale, Wu Ming2 ha lanciato l’iniziativa di un censimento delle migliaia di luoghi “coloniali” sparsi in Italia e sta popolando un’interessante mappa online, corredata di schede con notizie e fotografie sui personaggi, le battaglie, gli eventi ricordati.

Firenze non è sfuggita a questa ricognizione, ma anche il Progetto Postcolonial Italy. Mapping colonial heritage, lanciato dai ricercatori Wurzer e Budasz, ha portato alla realizzazione di una mappa interattiva della Firenze “imperiale”. In occasione del Black History Month Florence (cartellone di eventi sull’impronta di quello dedicato alla storia degli afroamericani negli Stati Uniti) è stato realizzato anche un tour audio, disponibile online anche in italiano, sulle tracce coloniali fiorentine. Dall’obelisco di Piazza dell’Unità, che ricorda, tra le altre, varie battaglie coloniali, a Piazza Adua, luogo della cocente sconfitta degli italiani nel 1896 ma celebrata poi per la “vendetta” ottenuta dalla conquista fascista dell’Etiopia nel 1936; dall’Istituto Geografico Militare, autore delle molte carte di rilievo dei territori coloniali, al Museo di Storia Naturale, Antropologia e Etnologia, fondato nel 1869 e dove sono conservati, tra più di 25mila reperti, anche i calchi in gesso di volti africani realizzati dall’antropologo fascista Lidio Cipriani. Manca in questo itinerario l’Istituto Agronomico per l’Oltremare, oggi sede dell’Agenzia italiana per la Cooperazione allo sviluppo, ma già Istituto agronomico per l’Africa Italiana dal 1904 al 1941: qui sono conservati ingenti materiali di archivio sugli studi per lo sfruttamento agricolo delle colonie.

Mentre nascevano queste iniziative critiche, invece ad Affile, vicino a Roma, veniva eretto il Sacrario al Soldato d’Italia Maresciallo Rodolfo Graziani, un’opera costata ben 160 mila euro di soldi pubblici, ma che ha l’aspetto di un bagno pubblico. Imbarazzo e scalpore anche all’estero per un monumento al protagonista di spietate repressioni nelle colonie africane, a colpi di fucilazioni di massa, carcere e campi di internamento, condannato nel 1950 a 19 anni di carcere, ma solamente per la sua collaborazione con i nazisti.

Il sindaco e due assessori di Affile erano stati condannati per apologia di fascismo, ma più recentemente la Cassazione ha annullato le sentenze, argomentando cavillosamente che non c’erano le basi dello specifico “reato”. 

Pare quindi che in Italia siamo ancora piuttosto lontani da una riflessione critica sulle nostre responsabilità coloniali, ma questo non può che essere un incoraggiamento ad approfondire.